Per una critica Musicale

Durante il corso del 2020 ho letto la società dello spettacolo di Guy Debord, saggio di chiara ispirazione Marxista del 1967. L’opera analizza e racconta il ruolo della merce e del mercato nella società contemporanea, insieme ai mezzi visivi che questa impiega col fine di promuovere le logiche proprie del capitalismo. Questa è stata la prima volta in cui mi son ritrovato davanti ad un testo che analizza lucidamente secondo un pensiero critico le strutture della società in cui viviamo. Questo processo avviene portando in evidenza alcuni aspetti sociali rintracciati dall'autore: come il feticismo per la merce, ed il fatto che essa stessa sia lo specchietto attraverso il quale convincere l’individuo verso un accomulazione di capitale ottenuta per merito tramite l’attività lavorativa. Queste accumulazioni sono superflue nella maggioranza dei casi, ma utili come strumento di ricatto rispetto al convincimento del lavoratore a contribuire a tale sistema. A prescindere dalla critica mossa dall'autore, la rivelazione stessa di certe logiche che erano a me oscure mi ha illuminato e stimolato un interrogazione critica nei confronti degli assunti che vengono in realtà dati per scontato all'interno della nostra società. Quando, dove, e in quali contesti le costruzioni sociali che accettiamo senza dubbio sono in realtà a danno degli individui che la compongono e a favore di altri pochi? Nella religione? Nell'etica? Nell'arte? Uno dei motivi per il quale scrivo musica è rispondere all'ultima di queste tre domande. Credo fermamente che nell'arte e in particolare nella musica ci sia un problema legato al fatto che sia andata perduta nel tempo la capacità di saper fruire dell'arte, Perché? - Perché la gente è stupida? E non è capace di mettere in moto meccanismi complessi nella fruizione di un opera? - Io personalmente non credo; credo di più nel fatto che sia - STATO FATTO IN MODO - che le persone perdessero poco a poco la capacità di saper fruire in modo soddisfacente dell'arte. Perché? Perché la musica è divenuta un prodotto di consumo nella nostra società, e dunque l'unico interesse che è stato perseguito all'interno del sistema capitalistico dell'industria musicale è quello di creare sempre più logiche che permettessero di - macinare - denaro Ecco alla luce di questo, che le forme dell'arte devono essenzialmente essere riviste solo in funzione di tale scopo. I tempi vanno ridotti: a 3 minuti, l'unica forma globalmente accettata è la canzone, meglio se all'interno di questa non siano inserite particolari complicanze come: gesti artistici, timbrici, soggettivi e sintomo di personalità, meglio invece l'alienazione e meglio ancora se i testi non parlano della sofferenza che ricopre la vita delle persone della classe media, meglio coltivare dunque l'inconsapevolezza, il nulla cosmico, eviscerare del proprio contenuto ogni materiale artistico o presunto tale. Solo così si arriverà ad un ottimo prodotto confezionato ed alla portata di tutti. Io non credo che tale comportamento vada assecondato, anzi, credo fermamente che uno dei motivi che mi porta alla scrittura musicale sia svolgere il ruolo contrario, e cioè: attuare strategie nella composizione di musica che siano utili a scardinare le false consapevolezze inserite all'interno degli individui. Renderli consapevoli: del loro ecosistema, delle possibilità alternative, della loro capacità di ascolto, del rumore a danno dell'informazione in cui sono immersi, e della loro cultura, per far si che questa non sia a favore del capitalismo in cui sono immersi, ma parli del proprio IO. Ed infine permettere la proliferazione di tutto questo restituendo contenuto alla materia artistica. BIBLIOGRAFIA: Guy Debord - La Società dello spettacolo Luigi Rognoni - Fenomenologia della musica radicale Norbert Wiener - Introduzione alla cibernetica, l'uso umano degli esseri umani Mark Fisher - Spettri della mia vita Mario Bortolotto - Fase Seconda Theodor W.Adorno - Filosofia della musica moderna 15-12-2021